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Come viveva la gente comune durante il medioevo?

Ultimo Aggiornamento: 13/04/2010 10:14
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Sesso: Maschile
27/11/2009 15:48

Il sesso nel medioevo
Piacere e pregiudizio: il sesso nel Medioevo

a cura di Amedeo De Vincentiis


Il diavolo in corpo >>



Se l’idea di un Medioevo pudibondo e sessuofobico è oggi da sfatare, resta il fatto che proprio in quest’epoca la morale cristiana elabora un complesso sistema di valori, divieti e prescrizioni, volti a negare i piaceri della carne.



La via del desiderio >>



A fronte dei diktat della Chiesa, gli appetiti carnali, ormai riconosciuti e accettati, di fatto interessano un po’ tutti, dai teologi agli uomini di scienza. E si dibatte sul perché di tanto piacere nell’amplesso.




Il frutto proibito >>



Considerata dalla Chiesa contro natura, ma alla stregua di altre pratiche eterosessuali, fino all’XI secolo, per la legge, l’omosessualità non è ancora reato. Ma la repressione cruenta è dietro l’angolo.

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Sesso, Amore e Medioevo

Le Stufe:

La Chiesa li aveva fortemente condannati perché luoghi di perdizione e di pratiche spregevoli, che mortificavano lo spirito e degradavano l’animo umano. Erano semplicemente luoghi di ritrovo in cui si poteva fare sesso.

E si faceva sesso anche a pagamento: una sorta di bordello, un luogo in cui tutto era permesso, in cui le antenate delle rinascimentali cortigiane esercitavano il loro mestiere e vendevano il proprio corpo. Vi era un tempo in cui le saune fungevano da luoghi d’incontro e di sollazzi vari. E la pratica resiste ancora oggi, un po’ ovunque. I Romani si intrattenevano secondo i propri gusti nelle saune, spesso organizzate per accogliere gli avventori in luoghi appartati e al riparo di occhi indiscreti.

Secoli più tardi, nel medioevo, altrettanto succedeva nelle “stufe”, specie di saune del medioevo.
Luoghi in cui si svolgevano storie di sesso, di prostituzione, di adulterio e di varia umanità.

A differenza delle saune romane, nelle “stufe” medievali non erano permessi contatti tra persone dello stesso sesso: l’omosessualità era perseguitata come un orrendo crimine, poiché la Chiesa aveva deciso così.
E gli eretici che commettevano quest' "orrendo crimine" dinnanzi agli occhi di Dio, venivano bruciati pubblicamente (secoli XV-XVI) su pire di legno e finocchio (da qui l'appellativo dispregiativo in uso ancora oggi), per "addolcire" l'odore acre della carne bruciata.

Questi ameni luoghi d’incontro aprivano in ogni città e in ogni angolo d’Europa, offrendo occasione a chiunque di poter passare un po’ di tempo a prendersi cura del corpo, in ogni senso possibile.

I giovani davano sfogo alla loro irruente lussuria, spesso perdendo il controllo delle proprie azioni e violando giovani vergini che, chissà perché, frequentavano luoghi tanto pericolosi per la loro virtù.
Beh, forse erano lì proprio per non essere più etichettate come vergini… quale posto migliore?

Naturalmente questi luoghi erano anche un ottimo modo per praticare l’adulterio e tradire la consorte, ma a volte anche il consorte: spesso erano le donne che, pur non praticando l’antico mestiere, andavano in cerca di un piacere lascivo e momentaneo.

A Roma molte famiglie agiate avevano al piano terra della loro abitazione uno di questi “bagni” aperti al pubblico che, pagante, lì poteva finalmente rilassarsi, intrattenersi e… fornicare.

Quindi grossi interessi e giri di soldi dietro quest’esercizio, come del resto succede da sempre.


Il matrimonio come "affare redditizio"

Il matrimonio nel medioevo aveva un forte valore economico e politico più che sentimentale, i potenti ed i ricchi si sposavano più per interesse o per accordi politici che per amore o sentimento, anche perché la legge del tempo era studiata appositamente perché le unioni producessero scambi di potere e denaro.

Guglielmo il Maresciallo sposando Isabella di Clare, una ricca ereditiera, da militare nullatenente divenne uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra: un matrimonio sofferto ma fortemente voluto dalla di lui famiglia (egli rimase in attesa per ben 45 anni). I figli dei regnanti spesso erano già promessi sposi prima di essere concepiti: tutte le grandi famiglie europee del tempo erano imparentate (e per questo motivo lo sono ancora oggi).

Per il popolo però, il matrimonio aveva sempre quel senso di familiarità ed intimità che caratterizza l’unione d’amore di due persone: la solidarietà all’interno delle famiglie era assai forte, si condividevano con i familiari tutti i sentimenti, dall’amore all’odio.

Nella maggior parte dei casi non nasceva una vera e propria famiglia perché gli sposi andavano a vivere con i genitori (normalmente dello sposo, della sposa se lei non aveva fratelli), per condividere con loro la gestione familiare e, ovviamente, la terra.

C’erano delle regole ben precise da rispettare: le ragazze dovevano avere più di 12 anni e i ragazzi almeno 14, non dovevano essere parenti fino al settimo grado (anche se questa era una regola abbastanza elastica) e dovevano aver ricevuto i principali sacramenti della Chiesa.

In alcuni periodi dell’anno non era possibile unirsi in matrimonio: dalla prima domenica di avvento all’ottava dopo l’epifania, dal lunedì prima dell’ascensione all’ottava di Pentecoste e tra la settima e l’ottava domenica di Pasqua.

I signori e i nobili erano molto limitati nelle proprie scelte in quanto non decidevano in prima persona chi sposare; lo facevano per loro i genitori e i parenti.

Molto più liberi erano i borghesi e la gente del popolo che decidevano liberamente con chi sposarsi.

Ci si scambiava l’anello, che però non era l’unico simbolo di legame reciproco: durante la cerimonia si scambiavano guanti, cappelli, coltelli, a testimonianza che il legame non era solo sentimentale e romantico, ma conferiva ai due sposi un diritto sull’altro (e, ovviamente, anche sui beni materiali).

Ovviamente non si poteva divorziare, però si poteva dimostrare che il matrimonio non era "mai esistito" o per il fatto che la consanguineità era ignota al momento del matrimonio o se si dimostrava che uno dei due coniugi era incapace di avere figli.

Gli sposi si recavano in chiesa insieme ai rispettivi genitori e parenti, il prete appurava la loro identità e procedeva con la dichiarazione di fidanzamento: "... prometti col tuo giuramento di sposare...?".

Poi iniziava il periodo dei bandi, degli annunci pubblici dell’imminente matrimonio, soprattutto per scoprire eventuali impedimenti all’unione.

La cerimonia del matrimonio era simile a quella del fidanzamento ma, ovviamente più solenne: era celebrata di norma nell’atrio della chiesa, gli sposi vestivano di rosso e la sposa doveva avere i capelli lunghi sciolti e coperti da un velo (entrambi gli sposi poi erano coperti da un unico velo).

L’anello nuziale era scambiato e infilato al dito anulare, che "è il dito con la vena che porta direttamente al cuore".

Nei matrimoni dei nobili, soprattutto dei regnanti, l’anello portava anche delle scritte, o i nomi degli sposi, o alcune cose importanti per l’uno e per l’altra.

Nel momento dello scambio degli anelli c’era l’usanza tra gli invitati di prendersi a spintoni e a volte anche a schiaffoni, per non perdere la memoria di tale evento (nella maggior parte dei casi non esistevano documenti scritti). Veniva spezzata un’unica ostia e divisa tra i due sposi, che bevevano dallo stesso calice e poi accendevano un cero alla Santa Vergine.

Alla fine della cerimonia, dopo essere usciti dalla chiesa accompagnati per mano dal prete, gli sposi, insieme ai parenti, entravano nel cimitero e andavano a pregare i propri morti.

Sulla strada per casa parenti e amici tiravano grano agli sposi, auspicio di fertilità ed abbondanza (usanza di probabile derivazione pagana, rimasta in uso anche nelle cerimonie religiose di oggi). Poi cominciava la festa: canti, balli e ricche mangiate per giorni e giorni.

Al calar del sole della prima sera, il prete benediva la stanza e il letto dove i due giovani sposi avrebbero consumato il matrimonio, anche se molte volte succedeva che dormissero separati.

La cintura di castità

La cintura di castità appare per la prima volta nel XIV secolo in Italia. Utilizzata per proteggere dalle frequenti violenze, si rivelò uno strumento efficacissimo anche per coloro che temevano il tradimento delle “proprie” donne.

La cintura di castità femminile aveva una struttura di metallo con due piccole aperture (una sulla parte anteriore e una su quella posteriore, entrambe orlate di spunzoni acuminati...) che permettevano le normali funzioni fisiologiche ma che, ovviamente, impedivano la penetrazione di qualsiasi tipo, sia vaginale sia anale.

Durante il medioevo la prigionia e la costrizione della cintura di castità erano sinonimo di amore e fedeltà: quando i crociati partivano per le loro scorribande in Terra Santa, lasciavano mogli e compagne “sotto chiave”, e queste accettavano di buon grado la situazione poiché era un gesto di profonda devozione all’amore del proprio uomo.

Molte donne però riuscivano a procurarsi una copia della chiave, non solo per cedere ai piaceri della carne, ma anche per evitare fastidiose e a volte mortali infezioni.

Il fiorentino Francesco da Carrara regalò la cintura di castità alla moglie infedele (da un documento del 1405): oggi quella cintura è conservata al Palazzo dei Dogi a Venezia.

Lo scrittore medievale Goffredo di Vendôme addirittura scrisse una vera e propria invettiva contro le donne: “Maledetto sia questo sesso in cui non vi è né timore, né bontà, né amicizia e di cui bisogna diffidare più quando è amato di quando è odiato”.

E questo la dice lunga sulla concezione medievale della donna: gli uomini di chiesa erano i primi a definire le donne come streghe, puttane, esseri posseduti dal demonio. Inoltre la donna è pericolosa per sua natura, per la predisposizione al concepimento, e quindi deve rimanere lontana dalla santità dei luoghi benedetti.

Eleonora d'Aquitania, che fu moglie di Re Luigi VII di Francia, era l’esempio evidente della pericolosità della donna: donna intelligente e di forte carattere, dedita alla lussuria e ai piaceri del sesso più d’ogni altra donna, divenne emblema della lussuria e l’incarnazione del demonio.

Più tardi, verso la fine del XIX secolo, larga diffusione ebbe anche il modello da uomo, il cui scopo era principalmente quello di scoraggiare la masturbazione, pratica che, secondo molti, conduceva alla cecità e alla pazzia.

Oggi assistiamo al revival della cintura di castità, dalle pratiche sadomaso al bondage, ma anche alla carica simbolica che quest’oggetto porta con sé: amore e fedeltà, senso di possesso condiviso e rievocazione di un tempo in cui bastava poco per essere parte della persona amata.



--I am Ragabash..whatever it means--

---- MORDRED
Homid
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SOCIALI:
CARISMA: 3 PERSUASIONE: 4; ASPETTO 3;

PURE BREED 3.
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